Aperitivo con Vita, un’amica medico specialista in radioterapia oncologica

Aperitivo con Vita, un’amica medico specialista in radioterapia oncologica

È passato un anno dalla Grande Paura e dall’intervento chirurgico.

«Cara Amalia, hai problemi con la terapia? – mi chiede lei affettuosamente – hai avuto qualche ripercussione nella tua intimità di coppia?».

Mi si spalanca un mondo: pensavo che fosse la depressione, o chissà – forse – un problema di relazione con il mio compagno di vita; ne avevo parlato a lungo anche con la mia psicoterapeuta per capire cosa mi stesse succedendo. 

«Hai provato a fare MonaLisa – continua lei – il laser vaginale, forse potrebbe aiutarti».

Non ne avevo mai sentito parlare. La mia curiosità ha avuto la meglio. Ho chiesto ad alcune amiche che hanno avuto il cancro al seno – sì la Bestia, è tempo che lo si chiami senza timore e vergogna con il suo nome – se avessero avuto qualche problema sessuale. Le loro confidenze mi hanno travolto come un fiume in piena! Qualcuna mi ha anche confidato l’impatto che la modifica della propria sessualità ha avuto nella sua relazione di coppia. 

«Devo fare qualcosa! – mi sono detta – non posso stare ferma!».

Ho cominciato a studiare: articoli di giornali, pubblicazioni scientifiche. Mi si è spalancato un mondo. Nell’ ambito scientifico internazionale il tema dei disturbi urogenitali della donna, dopo alcune terapie oncologiche, è ampiamente riconosciuto e studiato. 

Perché nessuno dei miei medici curanti – posso considerarmi una privilegiata, molti sono amici – mi ha informata dei possibili effetti collaterali delle terapie, e devo ringraziare un aperitivo confidenziale per scoprire le possibili cure? Eppure spesso gli uomini vengono informati dal personale sanitario dell’eventuale impatto delle terapie sulla loro vita sessuale. 

Ne parlo con Mark, un amico advisor marketing e comunicazione: «Abbattere i tabù, forse questo è punto. Fare in modo che i medici ne parlino, che le donne lo sappiano e non si vergognino a chiedere, che le terapie a supporto siano gratuite – o comunque previste dal servizio sanitario nazionale –  e non solo privatamente a pagamento».

«Ma perché vuoi fare tutto questo – mi chiede lui – vuoi forse cambiare il mondo?».

La mia risposta semplice e un po’ timida – quasi a vergognarmi –  è stata: «Sì, vorrei provarci». «Allora ti aiuterò!». E ha ideato il nome. 

Così  è nato “sexandthecancer”!